Apertura della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi - Omelia del Santo Padre Francesco

dalla: COSTITUZIONE APOSTOLICA "EPISCOPALIS COMMUNIO" SUL SINODO DEI VESCOVI, di Papa Francesco (n. 1, 2, 5). - (15 settembre 2018) 



1. La comunione episcopale (Episcopalis communio), con Pietro e sotto Pietro, si manifesta in modo peculiare nel Sinodo dei Vescovi, che, istituito da Paolo VI il 15 settembre 1965, costituisce una delle più preziose eredità del Concilio Vaticano II.

Da allora in poi il Sinodo, nuovo nella sua istituzione ma antichissimo nella sua ispirazione, presta un’efficace collaborazione al Romano Pontefice, secondo i modi da lui stesso stabiliti, nelle questioni di maggiore importanza, quelle cioè che richiedono speciale scienza e prudenza per il bene di tutta la Chiesa. In tal modo il Sinodo dei Vescovi, «rappresentando tutto l’Episcopato cattolico, manifesta che tutti i Vescovi sono partecipi in gerarchica comunione della sollecitudine della Chiesa universale. (...).

Pure oggi, in un momento storico in cui la Chiesa si introduce in «una nuova tappa evangelizzatrice», che le chiede di costituirsi «in tutte le regioni della terra in uno “stato permanente di missione”», il Sinodo dei Vescovi è chiamato, come ogni altra istituzione ecclesiastica, a diventare sempre più «un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione».

Soprattutto, come auspicava già il Concilio, è necessario che il Sinodo, nella consapevolezza che «il compito di annunciare dappertutto nel mondo il Vangelo riguarda primariamente il Corpo episcopale», si impegni a promuovere «con particolare sollecitudine l’attività missionaria, che è il dovere più alto e più sacro della Chiesa».

2. È provvidenziale che l’istituzione del Sinodo dei Vescovi sia avvenuta nel contesto dell’ultima assise ecumenica. Infatti il Concilio Vaticano II, «seguendo le orme del Concilio Vaticano I» ha approfondito nel solco della genuina Tradizione ecclesiale la dottrina sull’Ordine episcopale, concentrandosi in particolar modo sulla sua sacramentalità e sulla sua natura collegiale. È apparso così definitivamente chiaro che ciascun Vescovo possiede simultaneamente e inseparabilmente la responsabilità per la Chiesa particolare affidata alle sue cure pastorali e la sollecitudine per la Chiesa universale. (...).

5. (...). È certamente vero, come insegna il Concilio Vaticano II, che «i Vescovi quando insegnano in comunione con il Romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli devono accordarsi con il giudizio del loro Vescovo dato a nome di Cristo in materia di fede e di morale, e aderirvi con il religioso ossequio dello spirito». Ma è altrettanto vero che «la vita della Chiesa e la vita nella Chiesa è per ogni Vescovo la condizione per l’esercizio della sua missione d’insegnare». (...)  ...


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CAPPELLA PAPALE  - IN OCCASIONE DELL'APERTURA
DELLA XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI


OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO






Basilica Vaticana

Mercoledì, 3 ottobre 2018

«Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14,26).

In questo modo così semplice, Gesù offre ai suoi discepoli la garanzia che accompagnerà tutta l’opera missionaria che sarà loro affidata: lo Spirito Santo sarà il primo a custodire e mantenere sempre viva e attuale la memoria del Maestro nel cuore dei discepoli. È Lui a far sì che la ricchezza e bellezza del Vangelo sia fonte di gioia e novità costanti.

All’inizio di questo momento di grazia per tutta la Chiesa, in sintonia con la Parola di Dio, chiediamo con insistenza al Paraclito che ci aiuti a fare memoria e a ravvivare le parole del Signore che facevano ardere il nostro cuore (cfr Lc 24,32). Ardore e passione evangelica che generano l’ardore e la passione per Gesù. Memoria che possa risvegliare e rinnovare in noi la capacità di sognare e sperare. Perché sappiamo che i nostri giovani saranno capaci di profezia e di visione nella misura in cui noi, ormai adulti o anziani, siamo capaci di sognare e così contagiare e condividere i sogni e le speranze che portiamo nel cuore (cfr Gl 3,1).

Che lo Spirito ci dia la grazia di essere Padri sinodali unti col dono dei sogni e della speranza, perché possiamo, a nostra volta, ungere i nostri giovani col dono della profezia e della visione; ci dia la grazia di essere memoria operosa, viva, efficace, che di generazione in generazione non si lascia soffocare e schiacciare dai profeti di calamità e di sventura né dai nostri limiti, errori e peccati, ma è capace di trovare spazi per infiammare il cuore e discernere le vie dello Spirito. È con questo atteggiamento di docile ascolto della voce dello Spirito che siamo convenuti da tutte le parti del mondo. Oggi, per la prima volta, sono qui con noi anche due confratelli Vescovi dalla Cina Continentale. Diamo loro il nostro caloroso benvenuto: la comunione dell’intero Episcopato con il Successore di Pietro è ancora più visibile grazie alla loro presenza.

Unti nella speranza cominciamo un nuovo incontro ecclesiale capace di allargare orizzonti, dilatare il cuore e trasformare quelle strutture che oggi ci paralizzano, ci separano e ci allontanano dai giovani, lasciandoli esposti alle intemperie e orfani di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 49).

La speranza ci interpella, ci smuove e rompe il conformismo del “si è sempre fatto così”, e ci chiede di alzarci per guardare direttamente il volto dei giovani e le situazioni in cui si trovano. La stessa speranza ci chiede di lavorare per rovesciare le situazioni di precarietà, di esclusione e di violenza, alle quali sono esposti i nostri ragazzi.

I giovani, frutto di molte delle decisioni prese nel passato, ci chiamano a farci carico insieme a loro del presente con maggior impegno e a lottare contro ciò che in ogni modo impedisce alla loro vita di svilupparsi con dignità. Essi ci chiedono ed esigono una dedizione creativa, una dinamica intelligente, entusiasta e piena di speranza, e che non li lasciamo soli nelle mani di tanti mercanti di morte che opprimono la loro vita e oscurano la loro visione.

Questa capacità di sognare insieme, che il Signore oggi regala a noi come Chiesa, esige – secondo quanto ci diceva San Paolo nella prima Lettura – di sviluppare tra di noi un atteggiamento ben preciso: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» (Fil 2,4). E nel contempo punta più in alto chiedendo che con umiltà consideriamo gli altri superiori a noi stessi (cfr v. 3). Con questo spirito cercheremo di metterci in ascolto gli uni degli altri per discernere insieme quello che il Signore sta chiedendo alla sua Chiesa. E questo esige da noi che stiamo attenti e badiamo bene che non prevalga la logica dell’autopreservazione e dell’autoreferenzialità, che finisce per far diventare importante ciò che è secondario e secondario ciò che è importante. L’amore per il Vangelo e per il popolo che ci è stato affidato ci chiede di allargare lo sguardo e non perdere di vista la missione alla quale ci chiama per puntare a un bene più grande che gioverà a tutti noi. Senza questo atteggiamento, tutti i nostri sforzi saranno vani.

Il dono dell’ascolto sincero, orante e il più possibile privo di pregiudizi e condizioni ci permetterà di entrare in comunione con le diverse situazioni che vive il Popolo di Dio. Ascoltare Dio, per ascoltare con Lui il grido della gente; ascoltare la gente, per respirare con essa la volontà a cui Dio ci chiama (cfr Discorso nella veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre 2014).

Questo atteggiamento ci difende dalla tentazione di cadere in posizioni eticistiche o elitarie, come pure dall’attrazione per ideologie astratte che non corrispondono mai alla realtà della nostra gente (cfr J.M. Bergoglio, Meditaciones para religiosos, 45-46).

Fratelli, sorelle, poniamo questo tempo sotto la materna protezione della Vergine Maria. Che lei, donna dell’ascolto e della memoria, ci accompagni a riconoscere le tracce dello Spirito affinché con premura (cfr Lc 1,39), tra i sogni e speranze, accompagniamo e stimoliamo i nostri giovani perché non smettano di profetizzare.

Padri sinodali,

molti di noi eravamo giovani o muovevamo i primi passi nella vita religiosa mentre terminava il Concilio Vaticano II. Ai giovani di allora venne indirizzato l’ultimo messaggio dei Padri conciliari. Ciò che abbiamo ascoltato da giovani ci farà bene ripassarlo di nuovo con il cuore ricordando le parole del poeta: «L’uomo mantenga quello che da bambino ha promesso» (F. Hölderlin).

Così ci parlarono i Padri conciliari:

«La Chiesa, durante quattro anni, ha lavorato per ringiovanire il proprio volto, per meglio corrispondere al disegno del proprio Fondatore, il grande Vivente, il Cristo eternamente giovane. E al termine di questa imponente “revisione di vita”, essa si volge a voi: è per voi giovani, per voi soprattutto, che essa con il suo Concilio ha acceso una luce, quella che rischiara l’avvenire, il vostro avvenire. La Chiesa è desiderosa che la società che voi vi accingete a costruire rispetti la dignità, la libertà, il diritto delle persone: e queste persone siete voi. […] Essa ha fiducia […] che voi saprete affermare la vostra fede nella vita e in quanto dà un senso alla vita: la certezza della esistenza di un Dio giusto e buono.

È a nome di questo Dio e del suo Figlio Gesù che noi vi esortiamo ad ampliare i vostri cuori secondo le dimensioni del mondo, ad intendere l’appello dei vostri fratelli, e a mettere arditamente le vostre giovani energie al loro servizio. Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate di dare libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie. Siate generosi, puri, rispettosi, sinceri. E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale!» (Paolo VI, Messaggio ai giovani al termine del Concilio Vaticano II, 8 dicembre 1965).

Padri sinodali, la Chiesa vi guarda con fiducia e amore.