Omelia di don Italo Mazzoni - 26 novembre 2011- Triduo in preparazione alla Festa del Santuario

Ad un anno dal Santuario

Maccio, 26 novembre 2011 - Appunti per l’omelia di don Italo Mazzoni

 

Con le parole di San Paolo, ascoltate questa sera, ripeto alla vostra comunità: Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza (1 Cor 1,4). Non sono innanzitutto parole. Sono Parola, Parola di Dio, cioè rivelazione del mistero più grande della nostra esistenza: Dio si dona a noi.
Il Vangelo ascoltato descrive con una splendida immagine questo muoversi di Dio. Nelle varie ore della vita il Figlio dell’Uomo viene. “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino” (Mc 13,35). Se noi aspettiamo un amico, aspettiamo chi ci ama: non ci prende il timore della sua venuta. Anzi, il nostro cuore desidera che avvenga. Il Vangelo ascoltato riguarda il quotidiano della nostra vita, non solo l’ultimo giorno.


Come non metterci in ginocchio ad attendere e adorare, di fronte a questo regalo? Dio, che ci ha chiamati all’esistenza come creature umane, ci chiama al contatto con lui, alla relazione con lui, alla condivisione della sua stessa vita, alla sua altezza.
Trovate voi stessi le parole per descrivere tutto ciò, per dirlo da dentro la vostra fede. Io dico: ci chiama all’incontro, si innamora di noi, mette in gioco la sua stessa vita divina per noi, è perso d’amore per noi, ad uno ad uno. Chiama proprio noi, piccole e povere creature, a condividere la sua vita divina ed eterna, vita nell’amore e nella libertà. San Paolo ci conforta: “Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Cor 1,8).

 

Un anno fa, il 27 novembre il Vescovo Diego, mentre in Perù iniziava la nuova missione diocesana, apriva questa chiesa parrocchiale come Santuario intitolato col nome stesso di Dio: Santissima Trinità Misericordia.
Era il primo riconoscimento pubblico di fronte a vicende che da anni qui avvenivano: afflusso di pellegrini per la preghiera, varie novene di preghiera, movimento di popolo. Ma prima ancora, prima di questo fuoco acceso, ci sono le scintille di una lunga serie di rivelazioni private ad un vostro parrocchiano. Egli, suo malgrado, si è trovato al centro di tante attenzioni, anche della stampa; ma soprattutto si è trovato dentro una mirabile esperienza spirituale fatta di voci e di visioni riguardanti il mistero della Santissima Trinità. E quelle voci che gli parlano sembrano essere quella di Cristo e della Vergine Maria.

A Cristo, volto del Figlio che è Parola che si dona, rivolgiamo la nostra attenzione, chiamati a ciò dalla campana dell’Avvento che squilla con i suoi primi rintocchi in questa notte, per risvegliarci alla luce della fede.
Gesù Cristo è venuto a noi, egli viene, e verrà nell’ultimo giorno a riportare tutte le creature al Padre.
Noi viviamo il presente, cioè il tempo del Cristo che viene; noi attendiamo la fine delle cose quando egli tornerà; e infine meditiamo con cura e con dedizione il mistero della sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione, attraverso il quale egli si è donato tutto a noi col Padre e con lo Spirito Santo: fa’, o Signore, che noi ci doniamo tutti a te, nell’Eucaristia che stiamo celebrando. All’amore si risponde con l’amore!

Il Vescovo, con l’aiuto dei suoi collaboratori e di un’apposita commissione, ha espresso un giudizio positivo, di attendibilità dei fatti di Maccio; ha letto con meraviglia le tante pagine dei quaderni che egli stesso ha chiesto di scrivere: contengono la descrizione meticolosa delle esperienze spirituali di Maccio. Quanto avviene qui non solo non è contrario alla dottrina cattolica, ma addirittura è una lente di ingrandimento per cogliere contenuti e prospettive già presenti nel Vangelo, ma a volte trascurati o non approfonditi a sufficienza.

Di che cosa si tratta? Soprattutto di quanto avviene durante la celebrazione della Santa Messa, di ogni Santa Messa celebrata su tutti gli altari della terra. Che cosa c’è nella Messa che i nostri occhi non vedono e che pure avviene davanti a noi e in noi? Si compiono le parole di Cristo: “Fate questo in memoria di me”. Una memoria concreta fatta della sua presenza in persona, una memoria coinvolgente che ci chiede la vita in dono, una memoria trinitaria che abbassa la Trinità fino a noi per abbracciarci ad uno ad uno, vincere la nostra solitudine, superare ogni chiusura e salvarci. Dal peccato ci salva, dal maligno ci salva, dalla pietrificazione del cuore ci salva, dalla morte eterna ci salva. E ci restituisce la nostra originalità, ben visibile nell’Immacolata: essere figli! Sempre di nuovo figli. Ancora oggi figli. Nonostante le colpe, figli. Gioiosamente figli!

Tutto ciò si chiama Misericordia infinita. Non un’opera benevola di Dio, non una buona azione verso l’uomo, non un atto di perdono: la Misericordia è il suo venire a cercarci ogni giorno per donarci la sua stessa vita.
La Misericordia è Dio stesso Padre Figlio e Spirito Santo, nell’ostinato desiderio di attirarci a se, e nella delicatezza di custodire la nostra libertà.
È infinita perché è Dio. Infinita è più che abbondante, o generosa, o traboccante: infinita vuol dire divina.  Per questo motivo ci sono segni spirituali che ci meravigliano, ma che restano sobri, per non piegare la nostra libertà. E non concedono curiosità.

Gesù parla ancora. Anche oggi. In tanti modi e normalmente attraverso la lettura spirituale del Vangelo. Davvero ci meraviglia che Gesù in persona parli a uno di noi? Non ci sono migliaia di testimonianze di tutto ciò nella storia della Spiritualità cristiana? E non dovrebbe essere così tante volte nella preghiera personale? Non è così nelle vocazioni?
Quella Voce sentita qui ha i toni di Cristo, invita alle scelte di Cristo, ci immerge nella conoscenza luminosa del Padre che dona la pace, risuona calda del Fuoco bruciante dello Spirito, convoca la Chiesa a vivere dell’Eucaristia, sostiene le famiglie nell’essere specchio dell’amore trinitario e richiama noi sacerdoti e i vescovi a cercare la pecora smarrita, a radunare il gregge di Dio per la preghiera, a celebrare l’Eucaristia senza distrazioni, senza fretta, consapevoli della presenza viva di Cristo.
La Voce si è rattristata molte volte del fatto che noi figli sacerdoti mostriamo troppo poco l’Eucaristia al popolo o lo facciamo con molta fretta, senza convinzione, con poco amore, perché nel nostro cuore siamo presi da troppe faccende e celebriamo il sacrificio di Cristo trascurando la sua passione, dono della Misericordia.
Quella voce ha espresso il desiderio che nella Messa si dicano, prima della comunione, le seguenti parole: “Ecco Gesù, l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”.

È già impegnativo ascoltare, ma lo diventa ancor di più sentirsi chiamati per dire agli altri quanto la voce udita come locuzione interiore ha in vari modi confidato: “Nessuno si prostra più davanti a me! Non bisogna farlo per timore, ma alla maniera di chi si getta tra le braccia dell’innamorato! E chi è più innamorato di voi, se non io, Misericordia che provengo dal cuore della Misericordia?”
Anche Maria, la Vergine Santissima, è coinvolta attivamente in questo Santuario, come lo fu a Gallivaggio, in Valchiavenna. Il suo rivelarsi ci riporta sempre a Dio. Ci pare di sentirla dire teneramente: “Figlio mio, dillo a tutti. Io sono la Madre della Misericordia. Aprite il cuore a quello che il Signore va operando qui. Quale è il miracolo più grande se non quello della Misericordia che trasforma un cuore morto alla vita?”

La Chiesa di Como, con il suo Vescovo Diego, si è interrogata su tutte le rivelazioni di Maccio. Ha concluso qualche mese fa la prima fase dell’iter di verifica. Il Vescovo in persona, con due suoi collaboratori, il 9 settembre scorso ha consegnato alla Congregazione per la Dottrina della fede il dossier su Maccio, esprimendo un primo positivo giudizio. Ora è la Chiesa di Roma che si interroga, la Chiesa che presiede alla comunione  universale e vigila, attraverso il Magistero del Papa, sulla verità della dottrina e delle azioni cristiane.
Saremo aiutati dal Papa soprattutto nella comprensione e nell’approfondimento dei messaggi in riferimento alla rivelazione cristiana. Ci vorrà tempo. L’attesa purifica i desideri, ci libera dalla fretta, ma non deve distrarci. L’Avvento ci richiama alla vigilanza. Anche su quanto avviene in questo santuario dobbiamo insieme vigilare, non a modo di controllori, ma per non perdere l’appuntamento con il Signore. Potrebbe risuonare pesante per noi l’annuncio del Prologo del Vangelo di Giovanni: “Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto”. (Gv 1,11).

Alcuni in Parrocchia esprimono una legittima fatica per tutto ciò che qui sta avvenendo. Avvertono il Santuario come una sottrazione alla vita della Parrocchia e dicono: c’è meno tempo per noi, meno attenzione dei preti, meno tranquillità. Questa percezione è importante. Sarebbe preoccupante se non ci fosse. È davvero un disagio cambiare e uscire dalle abitudini. Conosciamo questa fatica, perché tutti l’abbiamo vissuta immensa uscendo dal grembo materno, uscendo dalla famiglia per andare a scuola, lasciando la giovinezza un po’ spensierata per affrontare le responsabilità della vita adulta.
È anche esperienza della comunità che cresce. Il Santuario che coincide con la Chiesa Parrocchiale indica una volontà di Dio che la Chiesa ha recentemente scoperto: “Il Maestro è qui e cammina con noi.” Senza ricerca di consonanze volute con Maccio, questo è il titolo e il contenuto principale del piano pastorale della nostra Diocesi. Ogni chiesa, in mezzo alle case, diventi luogo in cui trovare Dio. Ogni chiesa di ogni parrocchia, anche senza il titolo di santuario, è Santuario della presenza della Trinità.

Desidero incoraggiare la comunità di Maccio a non dividersi su questo dono, a fidarsi del Vescovo, a stare in trepida attesa, ad apprezzare la fatica del capire, a vivere con serenità questi tempi, a pregare unita.
Nulla vi è portato via, di nulla siete privati. Anche tutto ciò che già prima avevate era stato un dono. Anche il Santuario è un dono. Dal cielo don Enrico Verga sorride e benedice.
Siate accoglienti verso i pellegrini: cercano misericordia.
Siate voi stessi pellegrini: cercate misericordia. Vi sarà data in misura abbondante e traboccante.
Ecco, il Signore viene: è l’Avvento di Gesù. L’Avvento è Gesù!

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