Parrocchia di Maccio
Santuario SS. Trinità Misericordia
ORARIO DELLE FUNZIONI LITURGICHE
Sabato 2 Novembre: Commemorazione dei defunti:
ore 8.30 :s. Messa in Parrocchia
ore 15.00: s. Messa al Cimitero per tutti i defunti (14.30: s. Rosario al cimitero).
ore 18.00. s. Messa prefestiva
In occasione della Commemorazione dei Defunti…
ONORIAMO LE TOMBE DEI PARROCI DI MACCIO
Onorare le tombe è onorare la persona, e -con essa- quanto ci ha rappresentato in passato. L’occasione della visita al Cimitero in questi giorni è un ottimo e santo motivo per cercare le loro tombe, ricordare questi ‘uomini di Dio’ ed esprimere un ringraziamento e una preghiera. Vi indico brevemente chi sono e dove sono collocati:
· don PAOLO BUTTI (16.10.1846—22.2.1926) nativo di S.Agata a Como, è il coraggioso parroco che a fine ‘800 costruì la “nuova chiesa” cioè la nostra bella chiesa parrocchiale, oggi anche Santuario, finita e consacrata nel 1893. Successivamente don Paolo andò a prestare servizio in Cattedrale a Como e poi cappellano delle carceri (che erano a S.Donnino). Chiese di essere sepolto nella sua Maccio, presso la ‘cappellina’ del cimitero (quella con la dicitura “Beati i morti che muoiono nel Signore”) appena entrati, a destra in alto, e a fianco a lui fu sepolta anche la sorella, deceduta il giorno successivo (!).
· don COSTANTE ROCCA (7.1.1878—7.9.1936) nativo di Pedenosso, si prodigò a dare appoggio alle numerose famiglie pedenossine che a inizio secolo vennero a Villaguardia in cerca di lavoro… Dalla fotografia che lo ritrae si intuisce il suo carattere bonario e gioviale; purtroppo morì a Padova, mentre stava compiendo un viaggio per Istanbul, fu riportato a Maccio e qui fu sepolto. La sua tomba rimane sull’estremo lato sinistro della prima parte del cimitero, a metà viale.
· Infine, per chi non lo sapesse, don ENRICO VERGA (28.3.1936—29.1.1996) nativo di Cadorago e amato parroco di Maccio dal 1974 alla sua morte, riposa nella tomba della famiglia Vassalli-Natta: nella seconda parte del cimitero, una volta oltrepassata la ‘cappellina’ e scesi i pochi gradini sta di fronte a chi guarda, come fosse sempre vigile e pronto ad accogliere il ‘passante’ con uno sguardo.
Purtroppo le loro tombe (eccetto quella di don Enrico) sono state spesso trascurate, col rischio di cadere in oblìo….forse per il fatto che non ci fossero parenti diretti; ma i “parenti” non possiamo che essere noi! Ne abbiamo parlato in Consiglio Pastorale e abbiamo provveduto –a nome di tutti– a una ripulita generale delle loro tombe, una ripassata di smalto sulle iscrizioni oramai illeggibili (quelle di don Paolo e della sorella), alla re-incollatura delle iscrizioni di don Costante, e alla collocazione di un omaggio floreale. Un grazie alle Consorelle che hanno provveduto alle spese! Non dimentichiamoci di chi ha servito con dedizione la nostra Comunità. don Gigi
SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
PAPA FRANCESCO
ANGELUS
Piazza San Pietro
Venerdì, 1 novembre 2019
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
L’odierna solennità di Tutti i Santi ci ricorda che siamo tutti chiamati alla santità. I Santi e le Sante di ogni tempo, che oggi celebriamo tutti insieme, non sono semplicemente dei simboli, degli esseri umani lontani, irraggiungibili. Al contrario, sono persone che hanno vissuto con i piedi per terra; hanno sperimentato la fatica quotidiana dell’esistenza con i suoi successi e i suoi fallimenti, trovando nel Signore la forza di rialzarsi sempre e proseguire il cammino. Da ciò si comprende che la santità è un traguardo che non si può conseguire soltanto con le proprie forze, ma è il frutto della grazia di Dio e della nostra libera risposta ad essa. Quindi la santità è dono e chiamata.
In quanto grazia di Dio, cioè dono suo, è qualcosa che non possiamo comperare o barattare, ma accogliere, partecipando così alla stessa vita divina mediante lo Spirito Santo che abita in noi dal giorno del nostro Battesimo. Il seme della santità è proprio il Battesimo. Si tratta di maturare sempre più la consapevolezza che siamo innestati in Cristo, come il tralcio è unito alla vite, e pertanto possiamo e dobbiamo vivere con Lui e in Lui da figli di Dio. Allora la santità è vivere in piena comunione con Dio, già adesso, durante questo pellegrinaggio terreno.
Ma la santità, oltre che dono, è anche chiamata, è una vocazione comune di tutti noi cristiani, dei discepoli di Cristo; è la strada di pienezza che ogni cristiano è chiamato a percorrere nella fede, procedendo verso la meta finale: la comunione definitiva con Dio nella vita eterna. La santità diventa così risposta al dono di Dio, perché si manifesta come assunzione di responsabilità. In questa prospettiva, è importante assumere un quotidiano impegno di santificazione nelle condizioni, nei doveri e nelle circostanze della nostra vita, cercando di vivere ogni cosa con amore, con carità.
I Santi che oggi celebriamo nella liturgia sono fratelli e sorelle che hanno ammesso nella loro vita di avere bisogno di questa luce divina, abbandonandosi ad essa con fiducia. E ora, davanti al trono di Dio (cfr Ap 7,15), cantano in eterno la sua gloria. Essi costituiscono la “Città santa”, alla quale guardiamo con speranza, come alla nostra mèta definitiva, mentre siamo pellegrini in questa “città terrena”. Camminiamo verso quella “città santa”, dove ci aspettano questi fratelli e sorelle santi. È vero, noi siamo affaticati dall’asprezza del cammino, ma la speranza ci dà la forza di andare avanti. Guardando alla loro vita, siamo stimolati a imitarli. Tra loro ci sono tanti testimoni di una santità «della porta accanto, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 7).
Fratelli e sorelle, il ricordo dei Santi ci induce ad alzare gli occhi verso il Cielo: non per dimenticare le realtà della terra, ma per affrontarle con più coraggio, con più speranza. Ci accompagni, con la sua materna intercessione, Maria, la nostra Madre santissima, segno di consolazione e di sicura speranza.
Papa Francesco: celebrerà la messa alle ore 16.00 nelle Catacombe di Priscilla, “luogo di sepoltura dei primi cristiani”.
Le preghiere
Sono tanti i religiosi e i mistici che hanno guardato ai defunti. Il servita padre David Maria Turoldo, in una sua preghiera-poesia chiede il dono di comprendere meglio, attraverso di loro, il mistero della vita.
«Non ti chiediamo, Signore
di risuscitare i nostri morti,
ti chiediamo di capire la loro morte
e di credere che tu sei il Risorto:
questo ci basti per sapere
che, pure se morti, viviamo
e che non soggiaceremo
alla morte per sempre. Amen».
Il poeta bengalese Tagore
«Un giorno dopo l’altro,
o Signore della mia vita,
starò davanti a te a faccia a faccia.
A mani giunte,
o signore di tutti i mondi,
starò davanti a te a faccia a faccia.
Sotto il grande cielo
in solitudine e silenzio,
con cuore umile
starò davanti a te a faccia a faccia.
In questo tuo mondo operoso,
nel tumulto del lavoro e della lotta,
tra la folla che s’affretta,
starò davanti a te a faccia a faccia.
E quando il mio lavoro in questo mondo
sarà compiuto, o Re dei re,
solo e senza parole,
starò davanti a te a faccia a faccia».
sant’Ambrogio mette al centro della sua invocazione il legame che unisce i vivi e i morti:
«Signore Dio,
non possiamo sperare per gli altri
più di quanto si desidera per se stessi.
Per questo io ti supplico: non separarmi
dopo la morte
da coloro che ho così teneramente amato sulla terra.
Fà o Signore, ti supplico
che là dove sono io gli altri si trovino con me,
affinché lassù possa rallegrarmi della loro presenza,
dato che ne fui così presto privato sulla terra.
Ti imploro Dio sovrano,
affrettati ad accogliere
questi figli diletti nel seno della vita.
Al posto della loro vita terrena così breve,
concedi loro di possedere la felicità eterna».
dal sito: www.avvenire.it
Il destino finale dell’uomo non è dissolversi nella polvere, ma l’eterna visione di Dio: per raggiungerla bisogna passare attraverso il buio della morte. Ecco perché commemoriamo i defunti: ci stingiamo a loro nella preghiera per raggiungerli in cielo nella gloria di Dio.
Storia e origini della commemorazione
La pietas umana verso i defunti risale agli albori dell’umanità, ma come abbiamo visto con l’avvento del cristianesimo la prospettiva cambia radicalmente. Già i primi cristiani, come si può facilmente osservare nelle catacombe, incidevano sulle tombe la figura di Lazzaro, come auspicio che anche il loro caro tornasse alla vita mediante Cristo. Ma è solo nel IX secolo che appare la commemorazione liturgica dei defunti, in eredità dall’uso monastico già in voga nel VII secolo di consacrare, all’interno dei monasteri, un giorno intero alla preghiera per i defunti. L’idea, comunque, era già presente nel rito bizantino che celebrava i morti il sabato prima della Sessagesima, in un periodo compreso tra la fine di gennaio e il mese di febbraio. Più tardi, nell’809, il vescovo di Treveri, Amalario Fortunato di Metz, porrà la memoria liturgica dei defunti – che aspirano al cielo – al giorno successivo rispetto a quello dedicato ai Santi, che sono già in cielo. Nel 998, infine, per disposizione dell’abate di Cluny, Odilone di Mercoeur, la solennità viene fissata al 2 novembre e preceduta da un periodo di preparazione di nove giorni, noto come Novena dei morti appunto, che inizia il 24 ottobre.
La morte è solo una porta… sul sito: www.vaticannews.va